Il caso è segnato come «risolto». Una semplice parola, un'etichetta che mette fine a una ricerca: risposte incontrovertibili, nessun bisogno di approfondire. Ma Rita Meier queste risposte sulla morte del marito Stefan, che il 10 maggio 2018 era alla guida di una Tesla Model S di ritorno in Germania da una fiera che si era tenuta a Milano, non le ha mai ricevute. Sa solo che all'improvviso, mentre si trovava vicino al tunnel svizzero di Monte Ceneri, l'auto del compagno ha sbandato senza ragione apparente, andando a sbattere contro alcuni segnali stradali. Poi la collisione contro un guardrail, che ha sbalzato in aria la Tesla. Alla fine questa ha preso fuoco, intrappolando l'uomo in un inferno di fiamme.
I pericoli della guida autonoma di Tesla in 4.000 denunce: le frenate «fantasma» in autostrada, le accelerate inspiegabili che causano incidenti (e morti)
L'inchiesta del «Guardian» rivela i punti più oscuri dei Tesla Files, che in totale si compongono di 23mila documenti e 100 gigabyte di dati confidenziali. Alcuni incidenti rimangono ancora senza spiegazione anche se l'azienda di Musk li ha etichettati come «risolti»
Impossibile determinare le ragioni dell'incidente: la Model S di Meier non aveva raccolto dati a sufficienza per determinare l'esatta dinamica. E allora perché il caso è marchiato come «risolto»? Questa è la domanda di fondo in una lunga inchiesta del giornale britannico The Guardian basata sui Tesla Files: oltre 23 mila documenti e 100 gigabyte di dati confidenziali condivisi nel 2023 al giornale tedesco Handelsblatt da un anonimo informatore. Dai documenti si può ricostruire una gestione torbida non solo degli incidenti segnalati dai guidatori, ma anche del gargantuesco corpus di dati che (in teoria) vengono raccolti e analizzati dalla compagnia iper-tecnologica di Elon Musk.
Colpa della guida autonoma
Quella della guida autonoma è il cavallo di battaglia per Tesla. Di recente, il 27 giugno, Musk ha annunciato con orgoglio la «prima consegna completamente autonoma di una Tesla Model Y dalla fabbrica alla casa del cliente». E nello stesso mese ha lanciato ad Austin il suo servizio di robotaxi. Ma l'ossessione di Musk per le auto che si guidano da sole va indietro nel tempo e arriva alla fondazione della compagnia. E, nella sua solita maniera, quello di un'auto a totale guida autonoma — quindi senza che il guidatore debba tenere le mani sul volante o lo sguardo fisso sulla strada — è stato uno dei «tormentoni» del ceo dell'azienda automotive, che a lungo ha promesso il lancio di questa tecnologia rivoluzionaria. Una promessa mai mantenuta fino a oggi.
Anzi, da quello che emerge dai documenti consultati dal Guardian, la guida assistita (che impone al guidatore di rimanere sempre attento al volante) delle Tesla si può definire tutt'altro che avanzata.
«Oggi, mentre mia moglie stava guidando con nostro figlio in auto, l'auto ha improvvisamente accelerato dal nulla», si legge in uno dei reclami dei clienti riportati sui Tesla Files. «Il mio autopilot ha mostrato un malfunzionamento questa mattina (l'auto non ha frenato) e ho quasi tamponato uno a 100 chilometri orari». O, ancora: «Frequenti "frenate fantasma" sulle autostrade a due corsie. Questa cosa rende l'autopilot quasi inutilizzabile».
Nei documenti riservati si trovano i reclami di oltre 2.400 clienti che fanno riferimento all'auto che accelera senza che sia il guidatore a volerlo. E oltre 1.500 volte sono stati segnalati problemi di frenata. «La nostra auto si è fermata in mezzo all'autostrada. È stato terrificante», segnala un guidatore.
Ma i sogni di gloria della guida autonoma sembrano non finire qui per Musk. Secondo tre ricercatori della Technical University Berlin — che sono riusciti ad hackerare il sistema della Tesla e accedere così a parti nascoste di questa tecnologia — nelle auto sarebbe stata scoperta la «Modalità Elon», un'impostazione segreta che permetterebbe di sbloccare la guida totalmente autonoma. Una funzionalità non disponibile al pubblico, ma che sarebbe stata data come benefit aziendale ad alcuni dipendenti dell'azienda. Come, per esempio, ad Hans von Ohain, morto in un incidente alla guida di una Tesla su cui — secondo il resoconto dell'amico, seduto sul lato passeggero, che è sopravvissuto — sarebbe stata attivata la modalità «Full Self-Driving» (Fsd) al momento dello schianto. Gli amici della vittima sostengono di avere visto più volte attiva la funzionalità di guida totalmente autonoma. La stessa moglie di von Ohain avrebbe raccontato che il marito selezionava la Fsd ogni volta che si metteva al volante: «Era un po' scattoso, ma ci siamo detti che questo fa parte del territorio delle nuove tecnologie». Per Tesla, invece, il dipendente non avrebbe avuto accesso all'ultimo aggiornamento di sistema necessario per scegliere questa impostazione.
Impossibile dirimere la controversia usando i dati dell'auto. Tesla non è riuscita a confermare se il sistema a guida autonoma fosse realmente attivato perché all'epoca nessun dato sull'incidente è stato trasmesso dal mezzo ai server dell'azienda.
Il problema della gestione dei dati
Musk giurava: «Tesla rilascia immediatamente i dati sugli incidenti critici che riguardano la sicurezza pubblica e lo farà sempre. Fare diversamente sarebbe pericoloso». Un'affermazione stampata sulla pietra, anzi sull'allora Twitter, nel 2018. Lo stesso anno dell'incidente di Stefan Meier, di cui Tesla ha sostenuto di non avere dati da condividere con gli inquirenti.
Anke Schuster, come Rita Meier, ha ricevuto una risposta simile quando ha cercato spiegazioni sull'incidente in cui è morto il marito Oliver, che si trovava alla guida di una Model X: l'azienda ha risposto agli investigatori che non esistevano dati rilevanti per il caso. In quell'occasione, le autorità non hanno insistito con l'azienda, chiudendo così (forse prematuramente) il caso. E anche questo mistero che ancora non ha una risposta su come sia potuto accadere è contrassegnato come «risolto» in un documento dei Tesla Files.
Gli stessi ricercatori tedeschi che hanno scoperto la cosiddetta «Elon Mode» sono riusciti a risolvere il mistero dietro alla gestione dei dati delle auto. Le informazioni raccolte dalle Tesla vengono salvate in tre punti diversi: in una scheda di memoria nel computer di bordo, in una scatola nera» che registra gli istanti immediatamente precedenti e successivi a un incidente e, infine, nei server di Tesla. In caso di incidente, la scatola nera viene attivata automaticamente per salvare alcuni dati che vengono poi inviati ai server dell'azienda.
Ma la trasmissione non sembra essere lineare. Nel caso Meier, per esempio, Tesla ha detto le autorità che l'ultimo set di dati completo era stato inviato due settimane prima dell'incidente e che le uniche informazioni raccolte in quel giorno di maggio risalivano a 50 minuti prima dello schianto. Dai (non) dati di Tesla gli inquirenti non sono riusciti neanche a determinare se l'autopilot fosse attivo al momento dell'incidente.
Il tema della gestione dei dati è un fiume che non si esaurisce. Un'indagine del Netherlands Forensic Insitute (una divisione indipendente del ministero di Giustizia olandese) nel 2021 ha evidenziato come Tesla abbia omesso grandi quantità di dati fondamentali per alcune indagini. Tre anni più tardi l'Us National Highway Traffic Safety Administration (Nhtsa) ha stabilito che l'azienda non è in grado di verificare adeguatamente se i guidatori rimangono attenti e pronti a intervenire mentre usano la guida assistita. Non solo: le statistiche interne di Tesla riportano solo gli incidenti in cui si è aperto l'airbag. Un evento che, secondo quello che si nota dalle indagini della polizia, avviene solo una volta su cinque. Un dettaglio che lascia un dubbio senza risposta: quanti sono gli incidenti che non sono stati resi mai pubblici? Potrebbero essere più di quanto non ci si aspetti, a giudicare dal contenuto dei Tesla Files.
A peggiorare il quadro c'è il sospetto — di cui ovviamente non si ha conferma ufficiale — che il sistema a guida automatica si disattivi da solo poco prima che avvenga un incidente. Secondo l'autorità governativa americana per il traffico autostradale, sarebbero stati registrati 16 casi in cui le Tesla hanno spento la funzionalità di guida assistita pochi secondi prima dello schianto contro un veicolo di emergenza. Un comportamento replicato anche da alcuni esperti e che, secondo alcuni critici, potrebbe aiutare l'azienda a scaricare interamente la colpa degli incidenti sui guidatori.
L'esplosione a Las Vegas e la prontezza nelle indagini
Tesla è davvero impotente quando si tratta di gestione dei dati? È vero che, affinché le informazioni sugli incidenti vengano trasmesse dalla scatola nera ai server dell'azienda, è necessario che l'auto abbia connessione alla rete nell'esatto momento dell'incidente. Fatalmente, nel caso di Stefan Meier e Oliver Schuster, non c'era alcuna connessione sul luogo dello schianto.
Ma quando si tratta di lavorare sui dati, la compagnia ha dimostrato di avere il fiuto di un segugio (e soprattutto tutti i dati necessari). Primo giorno del 2025. Davanti al Trump International Hotel di Las Vegas un Cybertruck è esploso. L'uomo al suo interno, Matthew Livelsberger, è rimasto ucciso nella detonazione che lui stesso aveva preparato riempiendo il bagagliaio con fuochi d'artificio ed esplosivi.
«L'intero team senior di Tesla sta indagando sulla questione. Pubblicheremo ulteriori informazioni non appena sapremo qualcosa», ha scritto Musk su X un'ora dopo l'esplosione. Poi, tre ore più tardi, l'aggiornamento. «Abbiamo appena confermato che l'esplosione è stata causata da fuochi d'artificio molto grandi e/o da una bomba trasportata nel pianale del Cybertruck noleggiato e non è correlata al veicolo stesso. Tutta la telemetria del veicolo era positiva al momento dell'esplosione».
In totale quattro ore per riconoscere l'incidente, ricevere e analizzare i dati, rassicurare il pubblico. Un intervento rapido, senza esitazioni, fondamentale per difendere la reputazione dell'azienda. Con buona pace delle giovani vedove Meier e Schuster, che ancora oggi rimangono senza una verità a cui aggrapparsi.