di Paolo Sceusa – Leggete pure, ma in realtà anche Unipol (compagnia di area Pd) vi chiederà la prova che l’evento avverso sia conseguenza del vaccino. Vi manderà dal suo medico che dirà che, in base alla scienza medica ufficiale, non c’è alcuna prova certa. Unipol quindi non pagherà. Allora voi le farete causa e chiederete al giudice di provare quella correlazione. L’assicurazione si opporrà sostenendo che voi, col consenso informato, avete accettato il rischio di eventi avversi noti e ignoti e che questa accettazione del rischio vale erga omnes.
A questo punto fatevi due domande: se lo Stato risarcisce o indennizza per i danni da vaccino (come purtroppo credono tanti poveri illusi), che bisogno c’è di pensare a farsi un’assicurazione? E come mai non si prevede un danno da morte come conseguenza avversa? Bene, quindi l’ultimo tassello che mancava è sì l’arricchimento assicurativo, non senza il trasferimento del rischio all’assicurazione. No no. Il rischio rimane comunque piantato tutto in capo al vaccinato che subisce effetti avversi. Come la siringa nel suo braccio.
Dunque, riepiloghiamo. Pfizer firma contratti con i quali scarica sugli stati nazionali qualsiasi responsabilità in caso di reazioni avverse del prodotto. I governi, dal canto loro, scaricano sul cittadino qualsiasi responsabilità obbligandolo a firmare una liberatoria prima dell’inoculazione ed elaborano una forma di obbligo surrettizio, chiamata GreenPass, Supergreenpass ecc., che di fatto esclude dalla vita lavorativa e sociale chi rifiuta il vaccino. Contestualmente ignorano i numerosi casi di reazione avversa e continuano a sostenere che il vaccino è sicuro. Mancava l’ultimo tassello: una compagnia di assicurazione privata che trovasse il modo di arricchirsi su tutto questo. Ora la lacuna è stata colmata e il cerchio si chiude.