RIDUZIONI DEI CONTAGI ANCHE SENZA LOCKDOWN. A COSA SERVE ALLORA DISTRUGGERE L’ECONOMIA? LE RICERCHE DI STANFORD E HARVARD

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Il blocco dell’A1 all’uscita di Caserta sud da parte dei commercianti di mercati e fiere, la protesta di partite Iva, imprenditori e commercianti a Roma, Milano e Napoli. È stata una giornata di mobilitazione quella del 6 aprile. Le chiusure delle attività commerciali e imprenditoriali sono ormai insostenibili per la popolazione.

Secondo due articoli recentemente pubblicati non danno neanche risultati significativi in termini di riduzione dei contagi e dei decessi.

Lo studio dell’Università di Stanford

Il primo articolo è frutto di una accurata ricerca condotta con il supporto dell’Università di Stanford dai professori John P.A. Ioannidis, Jay Bhattacharya, Christopher Oh ed Eran Bendavid e pubblicata sull’European Journal of clinical investigation.

Vengono analizzati i dati epidemiologici in dieci nazioni: Inghilterra, Francia, Germania, Iran, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Corea del Sud, Svezia e Stati Uniti. La crescita dei casi Covid è stata pressocché identica, anche in quei Paesi come Svezia e Corea del Sud che non hanno adottato i lockdown.
Le serrate generali sarebbero inutili, perché riduzioni dei contagi possono ottenersi anche con misure meno restrittive.

I ricercatori, infatti, non hanno trovato alcun effetto benefico delle misure più restrittive, come il soggiorno obbligatorio domiciliare delle persone e le chiusure delle attività commerciali, rispetto a misure meno restrittive e più blande.

L’articolo avanza anche il dubbio che i lockdown sarebbero dannosi. I ricercatori sottolineano che le misure più restrittive producono effetti nocivi: “aumento della povertà, overdose legate all’uso di sostanze stupefacenti, aumento delle altre malattie dovute a servizi sanitari mancati, impossibilità di procedere a vaccinazioni, abusi domestici, aumento di suicidi e disturbi mentali e una serie di altre conseguenze economiche con implicazioni sanitarie”.

L’articolo dell’Università di Harvard

L’altro articolo è quello pubblicato dal laboratorio di ricerca dell’Università di Harvard e condotto da Patricio Goldstein, ricercatore dell’Università di Harvard, da Eduardo Levy Yeyati dell’università di Buenos Aires e da Luca Sartorio del ministero del Lavoro argentino.

I tre studiosi hanno analizzato l’impatto delle politiche di lockdown sulla trasmissione del virus e sul numero di morti in 152 Paesi, dall’inizio della pandemia fino al 31 dicembre 2020, quando le vaccinazioni non erano ancora iniziate.

La loro conclusione è che le chiusure tendono a ridurre la diffusione del virus e il numero dei morti solo per un periodo limitato di tempo. Dopo quattro mesi, l’impatto benevolo diminuisce e le serrate prolungate apportano un contributo molto più debole.

Da noi e in molti Paesi sono ormai 14 mesi che i lockdown proseguono e padri e madri di famiglia urlano disperati in piazza di non poterli più sostenere e che è stata tolta loro la dignità, che un onesto lavoro dà ad ogni uomo.

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  • “Quando l’Italia vinse la tubercolosi (senza distanziamento né terrorismo)…Roma, 27 mar – La tubercolosi (Tb) è una malattia infettiva e contagiosa causata da un batterio, il mycobacterium tuberculosis, che nella maggior parte dei casi interessa i polmoni ma possono essere coinvolte altre parti del corpo. Negli anni venti, prima dell’avvento del Fascismo, in Italia la tubercolosi infettava ogni anno 600mila persone e causava oltre 60mila vittime. In particolare bambini. Eppure nel giro di pochi anni il regime riuscì a depotenziarla fino a sconfiggerla del tutto.

    La nascita dei Consorzi provinciali antitubercolari
    L’Italia intraprese la lotta statale alla tubercolosi nel 1927, con l’assicurazione antitubercolare obbligatoria per i lavoratori dipendenti. Avviando al contempo l’opera dispensariale e la costruzione della rete sanatoriale italiana.

    I Consorzi provinciali antitubercolari (Cpa) nacquero allo scopo di promuovere e agevolare l’impianto di opere necessarie alla lotta contro la tubercolosi e vigilare sulla protezione e l’assistenza sanitaria e sociale dei malati. Organi esecutivi dei Consorzi erano i dispensari, finalizzati a individuare i casi di tubercolosi (anche in forme latenti), all’educazione sanitaria e alla profilassi, all’assistenza morale e materiale ai malati (con particolare riguardo ai bambini), alla raccolta di dati per le statistiche e alla promozione di studi e ricerche. E’ del 1922, la Federazione nazionale italiana per la lotta contro la tubercolosi (Fnilt), come organo di collegamento dei 28 Consorzi provinciali antitubercolari esistenti e di unificazione delle associazioni operanti nel campo degli studi e dell’azione socio sanitaria antitubercolare.
    Nel 1938 risultavano censiti sul territorio nazionale 94 Dispensari antitubercolari provinciali e 419 Sezioni dispensariali. Queste ultime potevano avere sede propria come i Dispensari provinciali o essere ospitate all’interno di strutture ospedaliere. In alcuni casi si trattava di sezioni “mobili” perché si spostavano nel territorio.

    La nascita dei Consorzi provinciali antitubercolari
    L’Italia intraprese la lotta statale alla tubercolosi nel 1927, con l’assicurazione antitubercolare obbligatoria per i lavoratori dipendenti. Avviando al contempo l’opera dispensariale e la costruzione della rete sanatoriale italiana.

    I Consorzi provinciali antitubercolari (Cpa) nacquero allo scopo di promuovere e agevolare l’impianto di opere necessarie alla lotta contro la tubercolosi e vigilare sulla protezione e l’assistenza sanitaria e sociale dei malati. Organi esecutivi dei Consorzi erano i dispensari, finalizzati a individuare i casi di tubercolosi (anche in forme latenti), all’educazione sanitaria e alla profilassi, all’assistenza morale e materiale ai malati (con particolare riguardo ai bambini), alla raccolta di dati per le statistiche e alla promozione di studi e ricerche. E’ del 1922, la Federazione nazionale italiana per la lotta contro la tubercolosi (Fnilt), come organo di collegamento dei 28 Consorzi provinciali antitubercolari esistenti e di unificazione delle associazioni operanti nel campo degli studi e dell’azione socio sanitaria antitubercolare.
    Nel 1938 risultavano censiti sul territorio nazionale 94 Dispensari antitubercolari provinciali e 419 Sezioni dispensariali. Queste ultime potevano avere sede propria come i Dispensari provinciali o essere ospitate all’interno di strutture ospedaliere. In alcuni casi si trattava di sezioni “mobili” perché si spostavano nel territorio.

    Il vaccino contro la tubercolosi e le strutture sanitarie
    Il primo vaccino fu quello cosidetto “all’italiana”. Messo a punto dalla scuola di Edoardo Maragliano, fu utilizzato nei primi due decenni del Novecento. Successivamente arrivò, sempre dall’ Italia un secondo vaccino l’Anatubercolina integrale petragnani, che prende il nome del suo creatore, Giovanni Petragnani, rettore dell’ Università di Siena.
    Una serie di strutture sanitarie pubbliche furono innalzate in tempi da record. Alcune tra queste sono ancora in piedi e rappresentano oggi come allora l’eccellenza italiana. Tra queste sono: tra i più notia Roma lo Spallanzani(1936), il San Camillo-Forlanini (1929), a Napoli il Cardarelli (1927), a Genova il Gaslini(1931). A questi si aggiungono centinaia di strutture minori e le tante realtà per la cura delle patologie polmonari. Nell’arco di tempo che va dal 1929 al 1936 si crearono oltre 20mila posti letto in 68 nuovi ospedali.

    I risultati
    L’Istituto centrale statistica del Regno d’Italia (l’attuale Istat), poté scrivere per il Duce nel 1934 una relazione relativa ai risultati della lotta contro la tubercolosi nella quale i morti per tubercolosi erano calati drasticamente. Il fascismo uscì vittorioso dalla lotta adottando strategie vincenti che non soltanto debellarono (almeno sino alla recente ricomparsa “d’importazione”) la malattia, ma anzi ci ha lasciato anche in eredità decine di strutture che sono tutt’ora attive. Tutto ciò senza distanziamento sociale, mascherine e Barbara D’Urso che insegue i passanti in elicottero.”
    https://www.ilprimatonazionale.it/scienza-e-tecnologia/quando-italia-vinse-tubercolosi-senza-distanziamento-186949/

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