Si è schierato contro il vaccino e lo ha fatto pubblicamente, con un post su Facebook. Filippo Festini, professore universitario di infermieristica, è uno dei 10mila dipendenti della sanità toscana (su 54mila) che non hanno aderito alla campagna avviata dalla Regione. “Il vaccino che vi state per somministrare secondo il produttore riduce il rischio di contrarre il Covid dello 0,87%, cioè di meno dell′1%”, scrive Festini, prima di fare un’analisi dei dati dello studio di Pfizer. Immediata la replica della task force anti-Covid dell’ateneo di Firenze: “Ignora la realtà epidemiologica, tutti i sanitari si facciano trattare”.
La presa di posizione di Festini non è isolata: Cristiana, infermiera da 15 anni attiva in una Rsa del Torinese farà una scelta simile alla sua e alla Stampa ha raccontato perché. “Mi disturba l’idea dell’obbligatorietà. Ognuno deve essere libero. Non sono una no vax, ma reputo i vaccini farmaci da usare con cautela. Non faccio mai quello contro l’influenza. E il Covid non è la peste bubbonica. Il tasso di letalità non è molto diverso da quello di un’influenza”.
“Ho visto molta gente ammalarsi e morire. Immagini di dolore che porterò sempre con me. Però tutti erano fragili, affetti da patologie pregresse. Il virus è stata una concausa. Non sono morti di Covid, ma col Covid”
Festini, in ogni caso, non si definisce un negazionista: “Se lo fossi - scrive - non si spiegherebbe perché da molti mesi eseguo come volontario i tamponi Covid a domicilio e presso uno dei drive-through della Toscana”. E ribadisce la sua posizione: “Io non ho espresso critiche contro ‘il Vaccino’: ho richiamato l’attenzione su alcuni aspetti degni di attenzione su di ‘un’ vaccino, utilizzando i dati ufficiali. Tali dati indicano che mentre la riduzione relativa del rischio determinata da quello specifico vaccino è effettivamente del 95%, la riduzione assoluta del rischio è piccola, circa lo 0,8%”.
Secondo il professore, soprattutto quando si programma una somministrazione di massa, bisognerebbe valutare costi/benefici. Anche perché - sottolinea - lo studio alla base del Comirnaty non è ancora terminato: “Dei 44mila reclutati, solo 36600 hanno per ora completato le 2 somministrazioni previste dal protocollo. In altre parole, il vaccino è stato autorizzato all’uso sulla base dell’80% dei dati. Il 20% mancante -e che arriverà in seguito- ha la potenzialità di determinare un dato finale completamente diverso, ad esempio dimostrare l’inefficacia del trattamento. Ogni paziente quindi è stato osservato in media per 45 giorni circa dopo l’inoculazione. Non è stata valutata la tossicità su esseri umani (quello che di solito si fa nella fase 1) ma solo su ratti. La cancerogenicità invece non è stata valutata neppure sui ratti”.
Il 18 dicembre sulla sua pagina Facebook il professore fiorentino scriveva, dedicando le sue parole ai colleghi entusiasti della vaccinazione. “Lo capite che è impossibile sperimentare e mettere a punto un farmaco in sette mesi? Lo capite che, a meno di essere dei veggenti, in sette mesi non è possibile sapere nulla di attendibile riguardo alla sua efficacia, alla sua sicurezza ed agli effetti indesiderati? E la cosa triste è che lo fate per fede, per adesione ideologica, non per consapevolezza scientifico-professionale, non perché avete studiato, vi siete documentati e avete scelto in modo informato. Perché se vi documentaste un minimo, vi verrebbe il desiderio di approfondire. Anzi no, non vi verrebbe lo stesso”. Oggi torna a ribadire che “il dubbio, la critica, la messa in discussione continua sono l’essenza della Scienza, ciò che la fa progredire. Chi presenta la Scienza come una granitica Verità, si sbaglia; soprattutto nell’area biomedica, dove ogni affermazione deve essere sempre fatta in termini di probabilità, non di certezza”.
I docenti membri della task force Covid 19 Paolo Bonanni (Igiene), Alessandro Bartoloni (malattie infettive), Gian Maria Rossolini (microbiologia e virologia), Giulio Arcangeli (medicina del lavoro) non hanno potuto fare a meno di replicare alle affermazioni di Festini. “I dati di efficacia e sicurezza” del vaccino di Pfizer Biontech, hanno subito ribadito, “sono stati pubblicati il 10 dicembre sul New England Journal of Medicine, il più autorevole giornale medico al mondo”, e indicano una percentuale media di efficacia nella prevenzione del Covid del 95%. E se è vero che nei mesi in cui si è svolto lo studio di efficacia del vaccino, il 99% dei soggetti trattati con placebo (anziché con il vaccino), non si sono infettati, ciò non significa affatto, come invece sostiene Festini, “che la protezione data dal placebo assomiglierebbe a quella data dal vaccino”. “Il fatto che le persone con malattia siano state 162 su 17.511 tra le persone trattate con placebo, e 8 su 17.411 tra le persone vaccinate”, spiegano gli esperti, semplicemente “rispecchia la probabilità media di contrarre l’infezione da Coronavirus in una popolazione di volontari che vivono come tutti gli altri cittadini, con mascherine e limitazioni della libertà di movimento”. Il 95% di efficacia, in altri termini, somma, “va calcolato su tutta la popolazione di suscettibili, che senza vaccino, e con il virus in circolo, sarebbe destinata a contrarre prima o poi l’infezione”. L’interpretazione di Festini, dunque, non solo “ignora completamente la realtà epidemiologica di una pandemia”, ma è “gravemente fuorviante”. La verità è che se la copertura al 95% ci fosse stata fin dalla scorso febbraio, e per tutti gli italiani, “ci sarebbe il 95% in meno di casi gravi e di morti”. Da qui l’invito rivolto dall’Università “ai professionisti sanitari e a tutta la popolazione ad aderire con convinzione” alla campagna di vaccinazione.