Coronavirus, lo studio: il plasma iperimmune riduce i rischi se dato all'inizio dell'infezione | VIDEO
Il plasma iperimmune donato da chi è appena guarito dal Covid dimezzerebbe i rischi di contrarre la malattia nella sua forma più grave. Lo studio, appena pubblicato, è stato ripreso dal New York Times. Di questo metodo per combattere il coronavirus noi de Le Iene vi parliamo da tempo con Alessandro Politi
Noi De Le Iene vi abbiamo parlato più volte in onda della possibile utilità del plasma iperimmune nella lotta al Covid: ora questa possibilità viene rafforzata da uno studio appena uscito e ripreso anche dal New York Times. Qui sopra potete vedere l’ultimo servizio sul tema di Alessandro Politi. Lo studio viene invece dall’Argentina ed è stato pubblicato dalla rivista americana New England Journal of Medicine.
Il plasma iperimmune, ricco di anticorpi specifici, è quello che può essere donato come ha fatto anche la nostra Iena da chi è guarito dal coronavirus ed è ancora convalescente. Può essere poi iniettato a chi è stato contagiato. Secondo l’ultimo studio può ridurre il rischio di avere il Covid in forma grave se viene somministrato nei primi giorni dell'infezione. La massima efficacia si raggiungerebbe se viene trasfuso entro tre giorni dalla diagnosi e il paziente manifesta ancora sintomi.
I dati riguardano 160 pazienti sopra i 65 anni: la metà ha ricevuto il plasma, l'altra metà un placebo, sempre al massimo tre giorni dopo la diagnosi. Il rischio di avere il Covid in forma grave è diminuito del 48%. “Dare il plasma troppo tardi”, dice al New York Times l’autore principale, Fernando Polack, “è come permettere a un ladro di saccheggiare una casa per ore prima di chiamare la polizia. Mentre una somministrazione precoce può limitare l'infezione quando è ancora sul nascere".