E' importante comprendere la storia di Al-Qaida e del suo leader, Osama Bin Laden, e le ragioni per le quali essi hanno posto in essere gli attacchi dell'11 settembre, per capire se e in quale misura essi rappresentino una minaccia nei confronti del mondo occidentale.
Nel 1928 in Egitto nasce la “Fratellanza Musulmana”, un movimento che si oppone al dominio inglese e vede tra i suoi più accaniti sostenitori lo scrittore egiziano Sayyid Qutb (1906 – 1966).
Gli scritti di Qutb condannano la società occidentale corrotta e miscredente, dividono tutti gli umani tra credenti (fedeli al pensiero di Maometto) e miscredenti, invocano il dovere dei credenti di combattere contro i miscredenti.
Gli studiosi collocano a questa data, a questo movimento e agli scritti di Qutb il momento della nascita di quell'integralismo islamico così come lo conosciamo oggi: un'ideologia che persegue l'obiettivo di instaurare un governo religioso, retto non da leggi laiche ma dalle leggi del Corano: “Il Corano è la nostra Costituzione”, recita uno slogan del movimento.
(A sinistra: il simbolo della “Fratellanza Islamica”)
L'importanza degli scritti di Qutb sta nel fatto che la “Fratellanza Musulmana” non perseguiva i suoi obiettivi attraverso la violenza.
Qutb, invece, dà inizio alla trasformazione del movimento da pacifico a violento.
Una delle più note frange terroristiche che nascono dalla “Fratellanza Musulmana” così trasformata, è quella del gruppo terroristico “Hamas”, in Libano.
Qutb fu giustiziato nel 1966 dalle autorità egiziane, in seguito ad un tentativo di colpo di stato, ma le sue idee ormai avevano trovato ampia risonanza in tutto il mondo musulmano.
In particolare, il pensiero di Qutb affascinò molti studenti dei licei e delle università arabe, e tra questi, il giovane Osama Bin Laden, che studiava a Jeddah.
Osama è attratto da questa teoria: i governi arabi “moderati”, che non seguono i principi religiosi, sono da abbattere. Gli amici di questi governi, sono da distruggere.
Il mondo occidentale è un mondo di miscredenti e peccatori, e pertanto va distrutto.
Israele è una nazione di miscredenti sul suolo islamico, e va cancellata.
Gli amici e sostenitori di Israele, vanno anch'essi combattuti e distrutti.
Osama era nato nel 1957 a Ryadh, suo padre era un costruttore di origini yemenite, sua madre era siriana.
Il padre di Osama, Muhamed Awad Bin Laden, si era arricchito dopo aver vinto l'appalto per la costruzione di vari palazzi della famiglia reale saudita.
Divenne buon amico e consigliere sia di Re Saud che del suo successore, Re Faisal, il quale giunse a firmare un editto in cui stabiliva che tutte le opere pubbliche e le costruzioni reali dovessero essere appaltate alle imprese di Bin Laden, che per un certo periodo giunse anche a ricoprire la carica di Ministro dei Lavori Pubblici.
Muhamed mise al mondo oltre una cinquantina di figli (da 54 a 57, secondo le fonti) da più di una ventina di mogli, e morì quando Osama aveva tredici anni, lasciando alla famiglia un impero patrimoniale e finanziario.
Nel 1979 Osama si laureò in Ingegneria Civile a Jeddah, e nel 1981 conseguì la laurea in pubblica amministrazione ed economia.
Nel corso di un viaggio in Pakistan, nel 1980, Osama Bin Laden visitò i campi dei profughi dal vicino Afghanistan, occupato dalle forze armate sovietiche, e decise di sostenere i guerriglieri Mujahideen arabi che si opponevano ai sovietici.
Nel 1979 c'era stata la rivoluzione iraniana, ed il regime integralista dell'Ayatollah Khomeini aveva occupato il potere instaurando un governo teocratico sciita, cacciando lo Shah e suoi alleati americani.
Osama Bin Laden si convinse che i Mujahideen arabi potevano fare altrettanto, e sebbene egli fosse un sunnita, maturò l'idea che sunniti e sciiti dovessero far fronte comune contro i “miscredenti”, superando le lotte e le divisioni interne.
Sunniti e sciiti
Storicamente, il mondo islamico è diviso in due grandi aree religiose: Sunniti e Sciiti.
La scissione avvenne dopo la morte del profeta Maometto: i Sunniti ritenevano che il successore di Maometto potesse essere un qualsiasi credente con le richieste qualità morali e spirituali (il “califfo”, l' “emiro” ) mentre gli Sciiti ritenevano che dovesse essere necessariamente un discendente di sangue di Maometto.Oggi i Sunniti sono in maggioranza e gli Sciiti in minoranza, tranne che in alcune zone geografiche (come l'Iran, roccaforte sciita).
Sunniti e sciiti si sono combattuti spesso senza esclusione di colpi: ne sono una riprova i continui attentati posti in essere in Irak dopo la fine del regime laico di Saddam, da ciascuna delle due fazioni contro l'altra.
Questa distinzione, peraltro, non è la sola: sciiti e sunniti sono a loro volta divisi in varie fazioni e movimenti.
Tolleranza e repressione
Preoccupati dalle conseguenze della diffusione delle idee fondamentaliste, e tenendo bene a mente la fine dello Shah, i paesi islamici reagiscono in modi diversi: alcuni (come l'Arabia Saudita) cercano di ingraziarsi i fondamentalisti mediante lauti finanziamenti; altri (come l'Egitto) preferiscono ricorrere alla repressione più dura (ciò costerà la vita al presidente Sadat nel 1981), altri ancora (come il Pakistan) consentono ai fondamentalisti di influire su vari aspetti della vita sociale e politica della nazione.
Attingendo alle proprie riserve finanziarie, e raccogliendo donazioni e contribuzioni da parte di amici e familiari, Osama Bin Laden iniziò a sostenere economicamente i Mujahideen (oltre 200 milioni di dollari), finanziando gli acquisti di armi, procurando combattenti volontari da altri paesi arabi, e mettendo a disposizione macchinari industriali per la costruzione di basi e campi di addestramento.
Nel 1986 Osama iniziò a creare in Afghanistan dei propri campi di addestramento, sfruttando l'esperienza militare di volontari provenienti dalla Siria e dall'Egitto per organizzare un gruppo di guerriglieri tutto suo. L'organizzazione prevedeva una Base di accoglienza, in cui giungevano i nuovi volontari, che poi venivano smistati verso i campi di addestramento e infine avviati al combattimento. Dopo un certo periodo di militanza, i volontari facevano rientro alle proprie famiglie nelle nazioni di provenienza, passando ancora una volta dalla Base.
Qui, dal 1988, Bin Laden decise di creare un registro in cui venivano annotati gli arrivi, le partenze e altre notizie relative ai combattenti, in maniera da poter rispondere alle frequenti richieste dei familiari dei volontari.
Fu allora che nacque il termine “Al Qa'edah” (per noi Al-Qaida), che in arabo significa “La Base”.
Al-Qaida divenne famosa nel mondo arabo: era la Base iniziale e finale di tutti i combattenti volontari che raggiungevano Bin Laden in Afghanistan.
La CIA ha finanziato ed aiutato Osama Bin Laden?
E' opinione diffusa quella secondo cui la CIA avrebbe finanziato e armato Osama Bin Laden: “E' un prodotto della CIA”
Così diffusa che spesso questa affermazione è considerata un dato scontato da parte di giornalisti e politici, così scontato che nessuno sembra preoccuparsi di verificarlo.
Anche questo è un mito, che nasce da un errore di fondo: quello di credere che i Mujahideen fossero una cosa sola.
Ebbene, non è così. Con il termine Mujahideen si è dato un unico nome a quelle che in realtà erano numerose fazioni di guerriglieri in lotta contro i sovietici. La resistenza afghana, in altre parole, non era fatta solo di “Mujahideen” (ossia di guerrieri della Jihad) ma anche di gruppi che con la religione avevano poco o niente a che spartire. E tra gli stessi Mujahideen vi erano molti gruppi diversi, solo uno dei quali, definito “Mujahideen arabi”, era quello che faceva capo a Al-Qaida e a Osama Bin Laden, ed era costituito da combattenti volontari provenienti da paesi arabi.
Gli Stati Uniti, attraverso la CIA, hanno aiutato (e hanno ammesso sin dall'inizio di averlo fatto) esclusivamente alcune fazioni dei Mujahideen afghani, ma non hanno mai fornito armi, denaro o altro tipo di appoggio alla fazione dei Mujahideen arabi, né hanno mai avuto alcun tipo di rapporto con Osama Bin Laden.
Ciò è ampiamente confermato dagli ufficiali della CIA responsabili di quel teatro operativo e dagli ufficiali dei servizi segreti pakistani che fecero da intermediari tra la CIA e la resistenza afghana, e in particolare è confermato dalle dichiarazioni rese da Abdul Anas (genero di Abdul Azzam) responsabile della gestione dei volontari arabi e dallo stesso Al-Zawahiri, numero due di Al-Qaida.
Certa stampa, e certe correnti politiche, hanno voluto creare una trasposizione (USA > Mujahideen > Mujahideen arabi > Osama Bin Laden) del tutto artificiosa.
Un'opera di contro-informazione e disinformazione anti-americana che ha creato un altro “mito” inesistente.
La necessità di raccogliere fondi in tutto il mondo, spinge Bin Laden a organizzare una vera e propria rete finanziaria in decine e decine di paesi nel mondo, mentre per l'arruolamento dei volontari infiltra i suoi luogotenenti nelle scuole islamiche, nelle moschee e nelle università, crea centri di accoglienza e organizzazioni non governative.
Ben presto “Al-Qaida” diventa sinonimo dell'intera rete, non solo della base in Afghanistan.
Le teorie di Bin Laden contro i governi arabi moderati, laici e amici degli USA o di Israele, fanno breccia nel malcontento di decine di migliaia di musulmani, spesso provenienti da famiglie povere, per nulla soddisfatti di governi che hanno saputo o voluto impiegare le ricchezze derivanti dalla vendita del petrolio per migliorare la qualità di vita delle proprie popolazioni.
Al-Qaida e la Jihad diventano la loro naturale valvola di sfogo e di ribellione.
Nel 1989 l'Unione Sovietica ritira le sue truppe dall'Afghanistan, per i Mujahideen è una grande vittoria, ma lo è in particolare per Osama Bin Laden, che torna trionfante in Arabia Saudita, con l'intento di creare un nuovo fronte della Jihad (la Guerra Santa) nello Yemen del Sud, trasformando la sua rete mondiale di finanziamento e di arruolamento in una stabile organizzazione, che ne eredita il nome: Al-Qaida.
Al-Qaida ha il compito di esportare e sostenere la Jihad in tutto il mondo, e presenta una struttura articolata: 24 divisioni operative, un dipartimento di intelligence, uno per le operazioni militari, uno finanziario, uno politico, uno per la propaganda ed i rapporti con i mass media. Il tutto è coordinato da un Consiglio denominato Shura cui sono preposti i fedelissimi di Bin Laden.
Tra questi, c'è il palestinese Abdul Azzam, suo maestro religioso, il quale spinge per concentrare le energie nella lotta per la definitiva conquista del potere in Afghanistan (i sovietici erano andati via ma il governo non era cambiato) e nella guerra contro Israele.
Bin Laden, invece, ha ben altre mire: egli ormai ragiona in termini di lotta mondiale.
Le differenze di vedute tra i due sono sanate nel 1989, quando un'autobomba mette fine alla vita di Azzam e dei suoi due figli.
Il posto di Azzam viene preso da Ayman Al Zawahiri, un medico chirurgo a capo di un gruppo fondamentalista egiziano. Al Zawahiri unisce la propria organizzazione a quella di Bin Laden e diventa il suo rappresentante ufficiale e consigliere spirituale.
Tornato in patria, Bin Laden attacca duramente l'Irak e Saddam Hussein, reo di aver invaso un altro paese islamico (l'Iran).
Le sue posizioni non fanno piacere al governo saudita, che invece è vicino a Saddam e per nulla sereno all'idea che la rivoluzione iraniana possa essere esportata altrove.
Le autorità saudite gli impongono un divieto di espatrio, impedendogli di lasciare il paese.
Sempre nel 1989 il leader sudanese Hassan Al Turabi chiede a Bin Laden di aiutarlo nella lotta contro i cristiani separatisti nel sud del paese. In cambio Turabi offre a Bin Laden l'appoggio del Sudan per qualsiasi operazione finanziaria e per l'addestramento dei suoi militanti.
Bin Laden accetta e insedia i suoi luogotenenti, acquista varie proprietà per conto di Al-Qaida, mette le sue imprese di costruzione a disposizione di Al Turabi.
Quello stesso anno l'Iraq di Saddam Hussein invade il Kuwait, e Bin Laden offre all'Arabia Saudita l'appoggio della sua organizzazione e dei suoi mujahideen per liberare il piccolo stato arabo.
Il governo saudita però rifiuta la proposta di Osama e preferisce appoggiare la coalizione internazionale guidata dagli americani.
Si tratta di un affronto che Bin Laden si lega al dito, anche perchè egli giudica inaccettabile la presenza di truppe e basi occidentali sul suolo arabo.
Inizia così una campagna di denuncia nelle moschee contro il governo saudita, che per tutta risposta reagisce espellendo i religiosi implicati.
Osama Bin Laden, nonostante la sua personale amicizia con il principe saudita Abdullah (che nel 2005 diventerà Re) viene obbligato dalle autorità al soggiorno obbligato a Jeddah.
La campagna di “sensibilizzazione” ha però successo: oltre 4.000 giovani arabi decidono di abbracciare la causa di Al-Qaida e raggiungono l'Afghanistan per arruolarsi e addestrarsi nei suoi campi.
Nel 1991, sfruttando i forti legami tra la sua famiglia e la casa reale saudita, Osama Bin Laden riesce a far rimuovere i divieti di movimento impostigli dalle autorità, e ne approfitta per raggiungere l'Afghanistan, dove le varie fazioni dei guerriglieri sono in disputa per la conquista del potere dopo la ritirata sovietica e l'imminente caduta del governo afghano filo-sovietico.
Il capo di Al-Qaida, dopo aver tentato di svolgere un ruolo di mediazione, ordina ai suoi seguaci di restare fuori da quelle lotte intestine: Al-Qaida si schiererà al fianco di qualunque fazione risulterà vincitrice dallo scontro.
Ormai i servizi segreti sauditi e quelli pakistani hanno iniziato a comprendere la pericolosità di Bin Laden e della sua organizzazione, e tentano di eliminarlo fisicamente.
I tentativi falliscono, perchè Osama viene sempre avvisato per tempo dai suoi infiltrati e simpatizzanti nelle fila delle autorità pakistane e saudite.
Ciò nonostante, i tentativi di eliminarlo e la situazione incerta dell'Afghanistan convincono il capo di Al-Qaida a riparare in Sudan, dove si sente più sicuro.
Qui utilizza un'impresa di costruzioni di sua proprietà per costruire l'autostrada Khartoum – Port Sudan e continua ad usare la sua rete mondiale per rifornirsi di armi, esplosivi ed equipaggiamenti.
La rete finanziaria di Al-Qaida spazia ormai dall'Europa occidentale alla Cina, dagli USA alla Malesia, alle Filippine, all'Ucraina, alla Bielorussia, spesso sotto forma di insospettabili banche e agenzie.
Crea una serie di insospettabili organizzazioni non governative (come l'Agenzia di Sostegno al Terzo Mondo a Vienna) attraverso le quali insedia i suoi agenti in altri paesi (Cipro, Zagabria, Budapest ecc...).
Inizia a creare la Islamic Army Shura, una specie di consorzio cui aderiscono gruppi terroristici di ogni parte del mondo: Arabia, Egitto, Giordania, Libano, Iraq, Oman, Algeria, Libia, Tunisia, Marocco, Somalia, Eritrea, Ciad, Mali, Nigeria, Uganda, Burma, Thailandia, Malesia, Indonesia, Filippine ecc...
Appoggia i movimenti terroristici nelle Filippine, creandone anche di nuovi (come la Brigata Abu Sayyaf), in Indonesia, nel Kashmir pakistano.
Ovunque ci sia un gruppo islamico combattente, Al-Qaida interviene con uomini, mezzi e denaro.
Nel 1992 i Mujahideen conquistano il potere in Afghanistan, vincendo la resistenza delle forze militari del governo filo-sovietico, ma le vari fazioni dei ribelli non riescono ad accordarsi sulla formazione di un nuovo governo e danno vita a una sanguinosa guerra civile: Al-Qaida, per volere di Bin Laden, resta fuori da questa lotta.
Nello stesso anno Al-Qaida emette una “fatwa” che invita alla lotta contro gli occidentali che occupano i suoli islamici (riferendosi alle basi americane in Medio Oriente) e un'altra “fatwa” contro gli americani dislocati in Somalia nell'ambito di una forza di pacificazione delle Nazioni Unite .
Il 29 dicembre del 1992 Al-Qaida porta a termine un attentato contro un albergo ad Aden (Yemen del Sud) dove alloggiano militari americani impegnati in un ponte aereo per trasportare aiuti umanitari alla popolazione somala: si tratta del primo attentato terroristico di Al-Qaida.
Fino a quel momento, Al-Qaida aveva operato in funzione di organizzazione di guerriglia in Afghanistan o di appoggio finanziario e logistico a altre organizzazioni di ribelli e terroristi.
A dire il vero, un dettagliato rapporto dell'intelligence focalizza una serie di attentati sospetti in Yemen nel 1992: un'esplosione davanti all'ambasciata americana il 23 settembre, una bomba all'ambasciata tedesca il 29 ottobre, un'altra bomba all'ambasciata americana il 9 novembre.
Secondo le autorità yemenite, tutti questi attentati sono di matrice islamica, ma solo quello del 29 dicembre verrà attribuito inequivocabilmente ad Al-Qaida.
A seguito di questo attentato (che peraltro non uccide nessun americano ma fa una vittima del tutto innocente) gli USA decidono di ritirare i propri militari dallo Yemen.
La guerra di Al-Qaida contro gli Stati Uniti è iniziata, ma gli Stati Uniti non l'hanno ancora capito.
Osama Bin Laden finanzia e appoggia i guerriglieri islamici somali sia per instaurare un governo islamico, sia per combattere contro i militari americani incaricati di proteggere le missioni di soccorso alla popolazione e di catturare il sanguinario capo dei ribelli Mohamed Aidid.
La struttura militare di Al-Qaida, ed in particolare i suoi istruttori, si impegna direttamente nel sostegno ai guerriglieri: il piano messo a punto da Al Zawahiri è quello di trascinare gli americani in sanguinosi scontri ravvicinati.
Il piano funziona perfettamente: sono proprio gli uomini di Al-Qaida a organizzare la trappola in cui, tra il 3 ed il 4 ottobre 1993, furono abbattuti due elicotteri Black Hawk e uccisi 18 soldati delle forze speciali americane a Mogadiscio.
L'episodio convince gli americani a ritirare le proprie truppe dalla Somalia (poco più di un anno più tardi, tutti gli altri operatori delle Nazioni Unite decisero di fare altrettanto, abbandonando il paese a sé stesso: oltre seimila militari delle Nazioni Unite furono evacuati sotto la copertura dei Marines americani).
Al-Qaida aveva conseguito due grossi risultati strategici contro gli americani nel giro di pochi mesi, in Yemen e in Somalia, ma gli USA non avevano ancora messo a fuoco la presenza di questa organizzazione e le sue potenzialità.
Agli inizi del 1993 c'era stato un grave attentato esplosivo contro il World Trade Center e gli autori erano stati tutti individuati dall'FBI e arrestati. La matrice era islamica, ma portava a un'organizzazione filo-palestinese operante in Egitto: gli investigatori non trovarono collegamenti con Bin Laden (solo pochi anni fa si è scoperto che uno degli organizzatori di quell'attentato, Ramzi Ahmed Yousef, è il nipote di Khalid Shaikh Mohammed, terrorista di Al-Qaida direttamente coinvolto negli attentati dell'11 settembre 2001).
Nel 1993 Osama Bin Laden alza il tiro: mette a punto un attentato, fallito, per uccidere il principe giordano Abdullah.
L'anno seguente il governo dell'Arabia Saudita, in risposta alla sua attività antigovernativa e al tentato assassinio del principe Abdullah di Giordania, gli congela i beni e lo priva della sua cittadinanza.
Anche la famiglia Bin Laden disconosce pubblicamente Osama, il quale, peraltro, non sembra particolarmente indebolito da queste misure: nel 1995 Al-Qaida porta a segno un attentato contro una base americana a Riad, in Arabia Saudita, e nel 1996 collabora a un altro attentato, organizzato dall'Iran: un camion imbottito di esplosivo uccide 19 americani a Dharan, sempre in Arabia, e ne ferisce altri 372.
L'esistenza dell'organizzazione, però, sfugge ancora alle analisi dell'intelligence: in un rapporto del Dipartimento di Stato americano, datato 1996 e relativo ai gruppi terroristici operanti nel mondo, Al-Qaida semplicemente non esiste.
Eppure gli uomini di Bin Laden sono particolarmente attivi in quegli anni: nel 1995 avevano pianificato di far esplodere contemporaneamente 12 voli intercontinentali americani, avevano pianificato di uccidere il Presidente Clinton nel corso di una sua visita nelle Filippine, e nel 1994 avevano addirittura progettato l'uccisione di Papa Giovanni Paolo II in visita a Manila.
In quel periodo Al-Qaida aveva persino acquistato, al prezzo di un milione e mezzo di dollari, un cilindro di uranio lungo circa un metro, spacciato per uranio militare, che si era rivelato essere invece materiale inutile ai fini terroristici.
Nonostante tutto questo, l'intelligence americana non riesce a distinguere la natura di Al-Qaida in mezzo alla massa di sigle terroristiche islamiche, e non riesce a individuare il filo che unisce gli attentati e i tentativi di attentati che si susseguono.
Nel frattempo Bin Laden continua a dedicarsi al suo grande progetto di riuscire a superare le divisioni tra sunniti e sciiti, in maniera tale che i gruppi terroristici delle due fazioni collaborino tra loro efficacemente.
Il progetto riesce solo parzialmente, ma consegue un risultato importante: Al-Qaida (la cui matrice è sunnita) stringe un accordo di collaborazione (in campo militare e terroristico) con l'Iran.
Da quel momento i militanti di Al-Qaida possono quindi addestrarsi e muoversi liberamente in Sudan, in Afghanistan, in Iran e in Libano.
Un altro importante successo strategico è l'accordo tra Bin Laden e Saddam, fortemente voluto dal leader sudanese Turabi.
Saddam acconsente alla creazione di un'organizzazione di guerriglia denominata “Ansar Al Islam”, propaggine di Al-Qaida in Iraq, che ha lo scopo di operare contro i curdi nel Nord del paese.
Ma nel 1995 Osama Bin Laden fa un passo falso: i suoi uomini tentano di uccidere il presidente egiziano Mubarak in visita in Sudan.
Ciò provoca una dura reazione dell'ONU nei confronti del Sudan, accusato di aver favorito il progetto.
Nel frattempo, la Libia esercita pressioni sul Sudan perchè non conceda ulteriore asilo ai guerriglieri libici fondamentalisti che operano contro il regime di Gheddafi (che non aveva mai lasciato spazio al fondamentalismo religioso), e poiché Turabi è intenzionato ad accontentare le richieste libiche e ad ammorbidire la posizione dell'ONU, Bin Laden è costretto ad avvisare i terroristi libici che non è più in grado di tutelarne la sicurezza e che è opportuno che lascino subito il Sudan.
Questa circostanza viene giudicata come un segnale di debolezza del capo di Al-Qaida, e ne consegue lo scioglimento della Islamic Army Shura: il grande progetto di Bin Laden, di consorziare tutti i gruppi terroristi islamici, naufraga irrimediabilmente.
Anche la situazione economica di Bin Laden inizia a vacillare: le sanzioni ONU contro il Sudan causano contraccolpi anche sulle disponibilità finanziarie di Al-Qaida, e Bin Laden è costretto a controllare e tagliare le spese dei propri “manager”, e in qualche caso a pretendere l'immediata restituzione di somme indebitamente trattenute.
In conseguenza di tali decisioni, un paio di questi manager, Jamal Ahmed Al-Fadl e Houssain Kherchtou, decidono di passare al “nemico”: diventano informatori del governo americano.
Ed è proprio Jamal Ahmed Al-Fadl il primo a squarciare il buio nel quale brancolano i servizi segreti americani, nel 1996, e a parlare di Osama Bin Laden e della sua Al-Qaida.
Il mito: Al-Quaida non esiste.
Non è infrequente rinvenire, tra le farneticazioni dei vari sostenitori delle teorie complottiste sull'11 settembre, l'affermazione che nessuno aveva mai sentito parlare di Al-Qaida prima dell'11 settembre 2001, e che pertanto questa organizzazione sarebbe soltanto un'invenzione della CIA per attribuirle le responsabilità dei fatti dell'11 settembre.
La verità è totalmente diversa: almeno sin dal 1997 il Dipartimento di Stato americano, nel suo rapporto “Patterns of Global Terrorism”, rilasciato pubblicamente nell'aprile del 1998, aveva tracciato un'analisi molto precisa di Al-Qaida, del suo leader Bin Laden, delle connessioni con l'Afghanistan, il Sudan, la guerriglia cecena, la Bosnia, la Somalia, le Filippine ecc...
Il citato rapporto è liberamente scaricabile dal sito del MIPT, indicato tra le fonti di questa Sezione, mentre nel sito della PBS è scaricabile il rapporto dell'FBI del 1998 che accusa Osama Bin Laden e Al-Qaida degli attentati in Kenya e Tanzania.
Crolla così impietosamente un altro mito-spazzatura.
Gli USA iniziano a focalizzare la natura e la pericolosità di Al-Qaida e di Bin Laden, e cominciavano a stringere il cerchio intorno a lui ed ai suoi collaboratori.
Per la prima volta, il rapporto del Dipartimento di Stato sul terrorismo per l'anno 1997 dedica una sezione a “Usama Bin Ladin” e alla sua rete terroristica “Al-Qaida”.
Il governo americano e quello saudita premono sul Sudan affinchè cessi di dare asilo a Bin Laden, che nel frattempo è sfuggito a un tentativo di assassinio, e così il leader di Al-Qaida decide di ritornare nell'unico paese in cui si sente al sicuro: l'Afghanistan.
Nel martoriato paese asiatico, dopo quattro anni di guerre civili, il potere era stato infine conquistato dalla fazione dei “Talebani”, un movimento islamico integralista di fede sunnita, supportato dai servizi segreti pakistani e capeggiato dal “Mullah” Mohammed Omar, che nel settembre del 1996 aveva proclamato la nascita dell' “Emirato Islamico di Afghanistan”, introducendo un regime teocratico severissimo.
Il nuovo Stato viene riconosciuto soltanto dal Pakistan, dall'Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti.
Bin Laden non può desiderare di meglio, così si affretta a cementare la fratellanza con i Talebani e con il Mullah Omar e nel 1997 stabilisce il suo quartier generale a Kandahar.
I Talebani hanno bisogno di Bin Laden e di Al-Qaida, della sua rete finanziaria, delle sue imprese di costruzione e dei suoi combattenti. Infatti il nuovo Emirato deve tentare di contrastare l'isolamento internazionale in cui si trova e deve fare i conti con le fazioni dissidenti, riunite nella cosiddetta “Alleanza del Nord” che controlla la parte settentrionale del paese.
Nel 1998 Bin Laden e Al-Qaida svolgono un importante ruolo di mediazione che consente di creare un'intesa comune tra Iraq, Afghanistan e Al-Qaida, intesa che ha lo scopo di combattere gli Stati Uniti.
Saddam e Bin Laden: odio o amore?
Un comune convincimento è quello che tra Saddam Hussein e Osama Bin Laden non ci sia mai stato alcun collegamento.
E' senz'altro vero che il leader di Al-Qaida e il dittatore furono a lungo acerrimi nemici (l'Irak era una dittatura laica e quindi contraria ai principi perseguiti da Bin Laden, Saddam aveva attaccato un paese islamico – l'Iran - nel 1980 e aveva invaso un paese arabo – il Kuwait – nel 1990) ma dalla metà degli anni novanta l'esigenza di combattere contro un nemico comune – gli USA – portò a contatti che, secondo alcune fonti, sfociarono in una vera e propria collaborazione, gestita dai servizi segreti irakeni, in ossequio alla massima: “Il nemico del mio nemico, è mio amico”. Due inchieste del Senato americano (una del 2004 e una del 2006) hanno però negato che tra l'Iraq e Al-Qaida ci sia mai stata una collaborazione.
Rimandiamo alle fonti citate in fondo a questa Sezione per approfondire le due opposte versioni.
Il Mullah Omar, dal canto suo, mette ogni risorsa del suo paese a disposizione di Al-Qaida, e tra queste risorse c'è la compagnia aerea Ariana Airlines, che dispone, tra l'altro, di tre Boeing 727.
Nel 1998 Al-Qaida mette a segno due sanguinosi attentati: il 7 agosto un veicolo carico di esplosivo devasta l'ambasciata USA a Nairobi, in Kenya. Restano uccise ben 291 persone e altre 5000 ferite. Sono dodici vittime sono americani: le altre sono tutti cittadini locali del tutto innocenti. Contemporaneamente, una seconda esplosione all'ambasciata americana a Dar-Es-Salaam in Tanzania uccide altre 11 persone, tutti cittadini locali.
Nel rapporto del Dipartimento di Stato su questi due attentati, compare a chiare lettere il nome di Bin Laden e di Al-Qaida: finalmente gli USA hanno preso cognizione della natura e dell'identità del nemico, anche se gli attentati, in un estremo tentativo di depistare gli investigatori, vengono inizialmente firmati da una sedicente “Armata islamica per la liberazione delle terre sante”.
(A sinistra: la foto di Usama Bin Laden, secondo la dizione americana, pubblicata nell'elenco dei maggiori ricercati dell'FBI. Sulla sua testa pende una taglia di 25 milioni di dollari dal Governo americano, e di altri due milioni di dollari dall'Associazione dei piloti di linee aeree).
E difatti Bin Laden, resosi conto che gli Stati Uniti ormai conoscono la sua organizzazione, subito dopo non esita a rivendicare le stragi e dichiara: “E' chiaro che non possiamo competere contro gli americani senza attaccarli, e anche se questo comporta la morte di fratelli musulmani, la religione islamica lo consente”.
Arriva la prima risposta americana, affidata a 79 missili Tomahawk lanciati, un paio di settimane dopo, contro obiettivi in Sudan e in Afghanistan. Tra questi obiettivi ci sono anche i leader di Al-Qaida, Bin Laden compreso, che però scampa alla ritorsione.
Il 1998 è anche l'anno in cui Bin Laden e Al-Zawahiri avevano emesso la loro “Fatwa” (una specie di editto che interpreta la legge islamica e che può essere emesso da un'autorità religiosa, cui sono tenuti ad attenersi tutti i fedeli) contro gli americani: “Uccidere gli americani e i loro alleati, si tratti di civili o di militari, è un preciso dovere di ogni musulmano che possa farlo, in qualsiasi paese in cui sia possibile farlo”. La Fatwa era stata emessa il 23 febbraio 1998.
In una intervista successiva alla ABC Bin Laden dichiara: “E' meglio uccidere un singolo soldato americano che sprecare energie in altre attività... non abbiamo necessità di differenziare tra militari e civili. Sono tutti coinvolti, sono tutti bersagli. Siamo certi che prevarremo sugli americani... e inevitabilmente muoveremo guerra sul loro suolo...”
Bin Laden lancia un messaggio ai suoi attivisti: “Io sono stato chiamato a seguire le orme del Profeta e a comunicare il suo messaggio a tutte le nazioni e a rappresentare il punto di svolta, sono l'organizzatore di un nuovo tipo di guerra per distruggere l'America e consegnare il mondo all'Islam”.
Osama Bin Laden, a dire il vero, aveva già diramato un'altra sua personale Fatwa contro gli americani sin dal 1996, intitolandola “Dichiarazione di Guerra contro gli americani che occupano le Terre Sante”, ma la circostanza era passata quasi inosservata (dichiarazioni di simile tenore, da parte di capi religiosi e movimenti islamici, erano all'ordine del giorno in quegli anni).
La Fatwa del 1998 ha un peso ben diverso: essa non è indirizzata solo contro le truppe americane stanziate in Arabia Saudita e in altri territori arabi, ma è una vera e propria dichiarazione di lotta senza quartiere nei confronti dell'intero popolo americano.
Per questa ragione il 1998 è spesso considerato, da studiosi, osservatori e giornalisti, come la data di apertura “ufficiale” delle ostilità di Al-Qaida contro gli Stati Uniti ed i loro alleati.
Il 1998 è pure l'anno in cui, secondo molti osservatori, Osama Bin Laden inizia a progettare il piano che avrebbe portato agli attacchi dell'11 settembre. In effetti, nella citata intervista alla ABC, egli preannuncia: “... Inevitabilmente porteremo la guerra sul suolo americano”.
Nel 1999 Bin Laden viene inserito nella lista dell'FBI dei 10 ricercati più pericolosi.
Nel 2000 Al-Qaida compie un attacco suicida contro il cacciatorpediniere USS Cole, ormeggiato nel porto di Aden, in Yemen. Muoiono 17 marinai americani.
Ormai Al-Qaida è un impero senza confini, una rete così articolata e diffusa che è praticamente impossibile valutarne la forza economica, politica e militare.
Le celle di Al-Qaida, i suoi centri finanziari e di reclutamento, le sue basi logistiche ed i campi di addestramento, sono sparsi in oltre 100 nazioni nel mondo.
I gruppi islamici di terroristi (o guerriglieri) creati, controllati, alimentati o finanziati da Al-Qaida sono decine, come l' Egyptian Islamic Jihad, il Libyan Islamic Fighting Group, la Islamic Army of Aden (Yemen), il Jama'at al-Tawhid wal Jihad (Iraq), il Lashkar-e-Taiba and Jaish-e-Muhammad (Kashmir), l' Islamic Movement of Uzbekistan, il Salafist Group for Call and Combat and the Armed Islamic Group (Algeria), l' Abu Sayyaf Group (Malesia e Filippine), la Jemaah Islamiya (Sud Est asiatico).
I combattenti di Al-Qaida si impegnano anche in Cecenia a fianco degli indipendentisti, e in Bosnia a fianco dei musulmani bosniaci.
Nel frattempo, il piano per sferrare gli attacchi a New York e a Washington va avanti.
Venti dirottatori vengono selezionati principalmente tra affiliati ad Al-Qaida con cittadinanza dell'Arabia Saudita, perché i cittadini arabi sono agevolati nell'ottenimento dei visti di ingresso per gli USA.
La cellula di Al-Qaida ad Amburgo ha un ruolo fondamentale: ben tre dei quattro futuri piloti vengono reclutati lì.
I dirottatori vengono addestrati nei campi terroristici in Afghanistan, ed i piloti vengono inviati in USA per imparare a pilotare nelle scuole di volo private americane, in modo da familiarizzare con la lingua e con le procedure dell'aviazione civile americana.
Sulla base delle rivelazioni di un pilota delle linee aeree afghane “Ariana Airlines” vi è motivo di ritenere che un ulteriore addestramento al pilotaggio sia stato fornito sui Boeing 727 di quella compagnia aerea.
L'11 settembre del 2001 Al-Qaida mette a segno il più sanguinoso attentato terroristico della storia, ma vi è più di una ragione per ritenere che Osama Bin Laden non si aspettasse un simile risultato.
Di sicuro non se lo aspettavano i Talebani del Mullah Omar, che in più di un'occasione aveva consigliato Bin Laden a mantenere un “basso profilo”, nel timore di un intervento militare americano o internazionale.
E difatti dopo l'11 settembre del 2001, la reazione americana e internazionale è durissima.
Nel giro di pochi mesi, la rete finanziaria di Al-Qaida viene in buona parte smantellata da arresti e sequestri in ben 166 nazioni del mondo, il regime talebano è spazzato via dai ribelli dell'Alleanza del Nord appoggiati dalle forze militari americane, numerosi elementi di spicco dell'organizzazione sono catturati dagli americani, il Pakistan è costretto a girare le spalle ai terroristi islamici e ad allearsi con gli Stati Uniti.
Osama Bin Laden è costretto a fuggire, e nessuno sa dove si nasconda.
La maggior parte degli osservatori ritiene che abbia trovato rifugio in qualche sperduta zona montagnosa al confine tra l'Afghanistan e il Pakistan, alcuni pensano che possa essere riparato in Iran o in Somalia.
Di sicuro è ancora vivo: nei primi sei mesi del 2006 ha rilasciato non meno di quattro video-messaggi (in effetti dei messaggi audio con uno sfondo fotografico), diffusi da As-Sahab, il dipartimento per la propaganda di Al-Qaida.
E di sicuro anche Al-Qaida è ancora viva e vegeta: anche se la sua struttura di comando e di controllo non è più in grado di assicurare in modo efficiente la gestione e il finanziamento dei gruppi terroristici e delle celle sparse in tutto il mondo, essa è in grado di colpire, come dimostrano gli attentati di questi anni in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Inghilterra, Spagna, Arabia, India ecc...
Non sempre esiste un filo diretto tra Al-Qaida e gli attentatori: talvolta questi ultimi agiscono in maniera del tutto indipendente, semplicemente obbedendo ai principi generali di Al-Qaida e a quelli sanciti nella Fatwa del 1998.
La foto sopra mostra i terroristi suicidi degli attentati alla metropolitana di Londra nel 2005, mentre accedono all'ingresso della rete ferroviaria sotterranea.
Sotto: la rivendicazione di Al-Qaida il giorno successivo.
Forse i terroristi di Londra non hanno agito su ordine diretto dei vertici di Al-Qaida, ma questo significa poco: quei terroristi si riconoscevano in Al Qaida, ed Al Qaida ha rivendicato la paternità degli attentati. ( AP ).
Diamo un'occhiata ad alcuni degli attentati più eclatanti negli ultimi anni (le fonti generali dell'intera sezione sono indicate nel riquadro più avanti, nel seguente elenco degli attentati ne indichiamo di ulteriori).
Principali attentati recenti di Al-Qaida
Volo American Airlines 63. 22 dicembre 2001.
Richard Reid, un cittadino londinese convertitosi alla religione islamica, tenta di far esplodere in volo un aereo dell'American Airlines decollato da Parigi con destinazione Miami (Florida).
L'uomo aveva nascosto un ordigno esplosivo nelle scarpe ma viene bloccato dagli assistenti di volo e dai passeggeri mentre tenta di far detonare l'ordigno.
Richard Reid, nel corso del processo, dichiara di essere un seguace di Al-Qaida e di Bin Laden.
Gli investigatori scoprono in un computer utilizzato da alcuni leader di Al-Qaida in Afghanistan, i dati di un affiliato che corrispondono perfettamente a Reid ( BBC CNN )
Mombasa, Kenya. 28 novembre 2002.
Un'autobomba devasta l'Hotel Paradise, uccidendo dodici cittadini kenyoti e 3 israeliani.
Alcuni missili antiaerei portatili vengono lanciati da terroristi appostati nei pressi dell'aeroporto, contro un aereo di linea israeliano appena decollato con oltre 260 persone a bordo.
I missili mancano l'aereo.
Al-Qaida rivendica gli attentati.
Uno dei kamikaze è un noto terrorista di Al-Qaida, già accusato e ricercato per l'attentato all'ambasciata USA in Kenya nel 1998 ( CNN )
Riad, Arabia Saudita. 12 Maggio e 9 novembre 2003.
A maggio, alcune auto-bombe esplodono in complessi residenziali della città uccidendo almeno 21 persone, tra cui sette cittadini americani.
Gli investigatori sauditi accertano che la responsabilità è di Al-Qaida e scoprono anche i collegamenti tra alcuni attentatori e una cella situata in Svizzera.
Le autorità saudite decidono di reprimere duramente le attività di Al-Qaida nel paese: oltre 600 persone finiscono agli arresti, vengono sequestrati documenti, armi ed esplosivi: di questi ultimi, oltre 20 tonnellate vengono rinvenute a Qassim.
Un altro attentato a novembre uccide non meno di 17 persone.
( MSNBC CRS )
Istanbul, Turchia. 15 e 20 novembre 2003.
Una serie di attentati esplosivi contro una sinagoga, una banca e il consolato inglese uccide oltre cinquanta persone.
Inizialmente le indagini puntano su gruppi terroristici locali, ma poi si scoprono inequivocabili collegamenti con Al-Qaida. Inoltre uno dei terroristi confessa di aver ricevuto 150.000 dollari da Al-Qaida per organizzare gli attentati (Associated Press Associated Press )
Madrid, Spagna. 11 marzo 2004.
Una decina di bombe esplodono su quattro treni pieni di passeggeri, nell'area ferroviaria di Madrid.
I morti sono 191 (a sinistra, una cartina che mostra la posizione dei treni al momento delle esplosioni).
La Spagna è fortemente scossa dall'attentato, e il governo spagnolo di centro destra, guidato dal premier filo-americano Aznar, si affretta a dichiarare che la responsabilità dell'attentato va ascritta all'ETA, la formazione terroristica dei separatisti baschi.
In effetti molti indizi sembrano portare in quella direzione: le modalità degli attentati, il tipo di esplosivo utilizzato, i bersagli.
In realtà c'è più di un elemento che avrebbe dovuto consigliare il governo a non scartare la pista di Al-Qaida, ma il 14 marzo la Spagna deve andare alle urne per il rinnovo del Parlamento, e la pista ETA è sicuramente quella più conveniente dal punto di vista della propaganda elettorale.
Persino le Nazioni Unite si affrettano ad approvare una dura mozione di condanna contro l'ETA.
Ma a distanza di pochi giorni, emerge che gli attentati sono opera di Al-Qaida, che rivendica pubblicamente la paternità della strage in un video rilasciato il 13 marzo seguente, appena ventiquattro ore prima delle elezioni.
La reazione della Spagna è immediata: la coalizione del centro-sinistra vince le elezioni ribaltando i pronostici precedenti l'attentato, e il nuovo premier, Zapatero, immediatamente ordina il ritiro del contingente militare che la Spagna aveva inviato in Iraq nell'ambito della coalizione guidata dagli USA.
Per Al-Qaida è una grande vittoria, considerato che tutto lascia ritenere che l'esecuzione degli attentati sia stata attentamente programmata proprio per ottenere quel risultato.
Nei mesi seguenti, vengono fermati oltre un centinaio di presunti terroristi, sospettati di aver organizzato, eseguito o favorito gli attentati. Ventinove di essi finiscono processati. Altri sette terroristi si fanno saltare in aria per evitare la cattura.
( El Mundo )
Londra. 7 luglio 2005.
Quattro kamikaze si fanno esplodere su tre carrozze della metropolitana londinese e su un autobus.
Il bilancio della strage è di 56 morti.
Tre dei quattro attentatori suicidi sono di origini pakistane, e tutti e tre hanno effettuato almeno un viaggio in Pakistan di recente. Il quarto è un inglese di origine giamaicana, convertito all'Islam.
Gli investigatori non hanno dubbi sulle responsabilità di Al-Qaida.
Quello stesso giorno una sedicente “Secret Organization Group of Al-Qaeda in Europe” rivendica gli attentati.
Un anno prima un esponente islamico, Sheikh Omar Bakri Mohamed, aveva dichiarato a un giornale portoghese che un attentato a Londra “E' inevitabile. Questo perchè ci sono molti gruppi [a Londra] che stanno preparando molti attentati. [Uno di questi gruppi], molto ben organizzato a Londra, chi si è nominato Al-Qaeda Europe, esercita un forte fascino per i giovani musulmani. Mi risulta che stiano pronti a lanciare una grande operazione”.
Nonostante queste indicazioni, gli organi investigativi inglesi ritengono che non siano emerse prove chiare del diretto coinvolgimento di Al-Qaida.
Nel rapporto (non definitivo) presentato dagli organi di investigazione al Parlamento inglese l'11 maggio del 2006, si legge:
“Non esiste ancora una inequivocabile prova che possa confermare la rivendicazione o il supporto di Al-Qaida, se mai c'è stato. Ma la scelta dei bersagli e le modalità di esecuzione degli attentati del 7 luglio sono tipici di Al-Qaida e dei gruppi ispirati alle sue ideologie” ( Report )
Queste conclusioni ufficiali sono state strumentalizzate dai soliti “cospirazionisti”, secondo i quali l'assenza di collegamenti dimostrati tra questi attentati e Al-Qaida dimostrerebbe che Al-Qaida è una creazione dei servizi segreti occidentali e che gli attentati attribuiti ad Al-Qaida sono in realtà progettati da quei servizi segreti, ecc... ecc...
Nulla di più falso.
Mettendo da parte la palese contraddizione nelle farneticazioni dei cospirazionisti (non si vede la ragione per cui i servizi segreti occidentali, dopo aver inscenato un attentato in modo che sembri provenire da Al-Qaida, ammettano candidamente che non ci sono collegamenti con Al-Qaida), la conclusione degli investigatori inglesi non solo dimostra la neutralità dell'indagine, ma evidenzia un aspetto fondamentale della natura di Al-Qaida.
Al-Qaida, infatti, non è solo una rete finanziaria e logistica, non è solo un centro di raccolta di combattenti da inviare ovunque sia necessario, non è solo una centrale del terrore che progetta attentati e addestra terroristi. L'essenza di Al-Qaida, infatti, sta anche nella Fatwa del 1998, che non si limita a suggerire o invitare o consigliare l'esecuzione di attentati contro gli americani e i loro alleati, soldati o civili, ma li impone come preciso dovere di ogni musulmano: un comandamento estremamente pericoloso laddove si consideri che i suoi destinatari sono pronti a immolarsi per darvi esecuzione.
La responsabilità dei leader di Al-Qaida, quindi, anche laddove non possa essere provata in termini giuridici (il che non esclude che ci sia stato un sostegno finanziario e logistico, che gli investigatori non sono riusciti a individuare) resta piena ed effettiva in termini morali.
La Fatwa del 1998 ordina di colpire ovunque sia possibile, non dice di avvalersi della struttura di Al-Qaida né di chiedere ulteriori ordini o autorizzazioni in tal senso. Al-Qaida può offrire un supporto, ma se un'organizzazione terroristica riesce a colpire senza avvalersene, tanto meglio.
Un soldato in guerra non deve aspettare l'autorizzazione del capo di stato di maggiore per sparare a un soldato nemico: è suo preciso dovere farlo.
Questo è il senso della Fatwa del 1998.
E questa è la ragione per cui le mani di Al-Qaida sono sporche anche del sangue versato a Londra.
A sinistra, la piantina del Washington Post mostra i quattro punti di Londra in cui si sono verificate le esplosioni e gli orari delle stesse.
Sharm El-Sheikh, Egitto. 23 luglio 2005.
Tre attentati esplosivi devastano, in rapida successione, tre punti molto frequentati della località turistica egiziana, compreso il Ghazala Garden Hotel.
Il bilancio è di 89 morti, compresi due italiani. Una sessantina delle vittime sono egiziani.
L'attentato è rivendicato dalle “Brigate Abdullah Azzam” che si riconoscono in Al-Qaida, e successivamente da altri gruppi terroristici anch'essi ispirati ad Al-Qaida.
Il 7 ottobre 2004 c'era stato un altro attentato in Egitto, a Taba: tre ordigni erano esplosi in un Albergo e in due centri balneari uccidendo 34 persone, la maggior parte delle quali turisti israeliani.
In quel caso la responsabilità di Al-Qaida era stata esclusa: l'azione era stata attribuita a terroristi palestinesi in chiave anti-israeliana ( Al-Ahram ).
Eppure le indagini fanno emergere inquietanti connessioni per entrambi gli attentati, al punto che gli investigatori si convincono che i terroristi hanno agito seguendo le indicazioni di una cella direttamente collegata ad Al-Qaida. ( The Washington Post )
Mumbai, India. 11 luglio 2006.
Numerosi ordigni esplosivi portano morte e distruzione sui treni stipati di viaggiatori, per lo più pendolari che rientrano a casa dal lavoro.
Circa 200 le vittime.
Gli investigatori non hanno dubbi sulla matrice islamica degli attentati, gli ultimi di una lunga serie che ha insanguinato le città indiane, che avrebbe lo scopo di minare il processo di pace tra Pakistan e India. Un sedicente portavoce di Al-Qaida ha dichiarato che l'organizzazione non ha avuto alcun ruolo negli attentati, ma ne è compiaciuta.
Se queste premesse saranno confermate, ci troviamo di fronte a un'azione molto simile a quella di Londra: un gruppo terroristico che agisce senza il sostegno diretto di Al-Qaida, ma seguendone i principi ispiratori ( SFC , IDSA )
Iraq e Afghanistan. Dal 2003 al 2006.
Al rovesciamento del regime dei Talebani in Afghanistan, e di quello di Saddam in Iraq, ha fatto seguito una interminabile sequenza di attentati.
In Afghanistan, in base alla banca dati del MIPT, dal 1° gennaio 2004 a metà agosto 2006 ci sono stati 573 attentati terroristici che hanno causato la morte di 932 persone.
Buona parte di questi attentati sono opera della guerriglia talebana, ed alcuni sono direttamente imputabili ad Al-Qaida. L'organizzazione di Bin Laden sostiene attivamente praticamente tutti i gruppi di ribelli che si oppongono al processo di stabilizzazione e ricostruzione avviato dalla coalizione internazionale guidata dagli USA.
La situazione in Afghanistan, però, non sembra particolarmente grave: la guerriglia talebana e di altri gruppi integralisti islamici è una realtà ampiamente prevista, che non sembra in grado di interferire significativamente con l'opera di stabilizzazione e di ricostruzione né di poter attecchire sulla popolazione.
Va tenuto presente che l'Afghanistan è stato liberato principalmente dai movimenti di opposizione ai talebani, sia pure con il fondamentale appoggio militare (essenzialmente aereo) degli USA e dei loro alleati.
Ben diversa la situazione in Iraq, dove il regime di Saddam è stato deposto con una vera e propria invasione delle truppe anglo-americane, e dove insistono seri problemi di convivenza tra la comunità sunnita e quella sciita.
Dopo un periodo iniziale in cui i ribelli irakeni, che godono di un forte sostegno da parte di Al-Qaida e di alcuni paesi confinanti, hanno concentrato i propri attacchi contro obiettivi militari della coalizione internazionale, la situazione è ulteriormente degenerata a causa della lotta interna tra la fazione sciita e quella sunnita.
Gli attentati si susseguono quindi, a un ritmo giornaliero, nei confronti di ogni tipo di obiettivi, in prevalenza civili (mercati, luoghi di culto, posti affollati) e governativi (caserme di polizia, centri di arruolamento, istituzioni).
Le forze militari della coalizione internazionale, invece, hanno adottato una serie di accorgimenti logistici e operativi che ne hanno ridotto sensibilmente la vulnerabilità.
Dal 1° gennaio 2004 alla metà di agosto 2006 risultano registrati ben 5.608 attentati e attacchi terroristici, con un bilancio di ben 14.138 morti, in gran parte civili.
Nessun dubbio sul coinvolgimento di Al-Qaida, dal momento che Osama Bin Laden in persona aveva proclamato nel dicembre del 2004 che il principale leader dei ribelli in Iraq, Al-Zarkawi, “è il principe di Al-Qaida in Iraq, per cui chiediamo a tutti i gruppi di ascoltarlo e di obbedirgli”
( CNN ).
La carriera “principesca” di Al-Zarkawi è stata bruscamente interrotta il 7 giugno del 2006, quando un paio di bombe intelligenti sganciate da un caccia F-16 americano hanno centrato l'abitazione in cui si nascondeva, ma la sua uccisione non ha significativamente indebolito le capacità operative di Al-Qaida in Iraq.
PBS Frontline
DOD
9/11 Final Report
Rapporto Senato USA 2004
Rapporto Senato USA 2006
Library of Congress. Country Studies: Afghanistan
The Economist
MIPT
La Repubblica
La Repubblica
CFR
CNS
FAS
ITV
Intelcenter
WorldNetDaily